lunedì 25 maggio 2015

Jonathan Franzen e San Francesco

Il motivo di questo Post è un articolo di Jonathan Franzen sul New Yorker di qualche tempo fa (sono tremendamente buonista e radical chic e per questo lo leggo) comunque questo è il link.

L'articolo è ben scritto e rigoroso e Franzen racconta con ironia confinante a volte con il cinismo (confrontare con i suoi romanzi) .
Il tema dell'articolo è il cambiamento climatico anzi il tipo di problema che pone il cambiamento climatico: il suo aspetto escatologico che Franzen contrappone all' approccio "Francescano" che consiste nel salvare un piccolo ambiente qui e ora tra l'altro la natura del problema cambiamento climatico climatico ha contorni ironicamente simili al nostro problema delle pensioni anche qui lo schema che viene proposto incessantemente dai media è il confronto generazionale riproposto in modo ossessivo senza pensare che è prima di tutto un problema di democrazia e del suo "egoismo" (chi può votare lo fa seguendo i propri interessi che non sempre coincidono con quelli generali) La soluzione/mediazione necessaria in democrazia però viene giudicata impraticabile (anzi nel caso italiano addirittura dannosa) ed infatti subentra la tentazione di sbarazzarsi delle democrazia con le varie TINA e stati di eccezione ma questa è un'altra storia fine della digressione. Dicevamo dell'escatologia insita in un problema scientifico ed è questo che mi ha colpito: il giudizio universale che diventa oggetto del dibattito scientifico, l'altro motivo è la presenza si San Francesco il suo rifiutarsi di essere globale e la sua volontà di rimanere locale eppure anche lui ha una prospettiva escatologica (a me questa sembra una contraddizione del discorso di Franzen ) solo diversa da chi si oppone al cambiamento climatico. A Franzen pragmaticamente non piace l'escatologia perché rende impossibile in pratica ogni azione per la soluzione del problema ed infatti quello di cui Franzen è più convinto sono soluzioni palliative del problema del tipo facciamo finta di fare qualcosa tanto non è possibile che tutti gli stati del mondo riescano ad implementare un' agenda sufficientemente forte contro il cambiamento climatico. A me l' escatologia non dispiace primo perché spiazza, spinge a rinnovare le categorie "canoniche" della prassi e della filosofia della scienza come abbiamo visto e questo è un bene, secondo perché sono meno pessimista di Franzen e una politica globale contro il cambiamento climatico credo sia possibile se ci si "da fare" studiando (molto) e agendo (bene) non solo a livello governativo ma anche al nostro livello locale.