lunedì 1 luglio 2013

Schumpeter economista della crisi (come Marx?)

Analisi di A. Negri (si proprio lui) su Joseph Schumpeter (manifesto 21/06): il tema è interessante l'articolo ha come pretesto la pubblicazione di  una raccolta di studi su  Schumpeter, economista considerato fondamentale nella dottrina economica "moderna" (una delle rubriche più importanti dell'Economist, tanto per fare un esempio,  porta il suo nome).  Famosissima è l' idea della "distruzione creativa" del capitalismo con al centro la figura superumana (?) dell'imprenditore.  A rileggerne i saggi non è proprio così ed almeno l'interpretazione dell'imprenditore come divinità è appunto una lettura interessata di Schumpeter. In realtà l'economista formula la sua teoria come critica, prima di tutto epistemologica (che cosa sono le scienze sociali? Qual è il  loro metodo?) l' imprenditore "creatore" nasce come un tentativo di superare i limiti della scienza economica del suo tempo. 
Per Schumpeter  l'agire dell'imprenditore ha sempre un carattere conflittuale: "l' imprenditore non è un fattore di mutamento ma il portatore di un meccanismo di mutamento". 
Berlusconi? Marchionne? non credo (qui siamo alle letture interessate) si tratta piuttosto di una caratteristica "ontologica" (la parola è di Negri), una proprietà formale dell' Attore Economico. 
Tutto qui? Non proprio, Schumpeter è consapevole della crisi della borghesia, crisi, appunto, di conoscenza (e quindi è in questo senso attuale) che finisce per limitare il carattere fondante creativo che sarebbe proprio della borghesia: "il capitalismo anche quando sia economicamente stabile crea una mentalità e uno stile di vita incompatibili con le sue stesse condizioni fondamentali, con i suoi movimenti e le sue istituzioni sociali".
Discutere solo di aumenti di produttività e non di queste cose (e di molto altro) è un esempio di rimozione della politica e della società italiana ed europea di oggi

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