domenica 7 luglio 2013

Il caso Lituania ovvero l'austerità espansiva

Questo Post è un tentativo di dare un senso al discorso economico comune e vedere che tipo di impatto possono avere alcune politiche ritenute giuste dalla maggior parte degli attori del discorso pubblico in Italia. Penso in questo caso sopratutto ai grandi giornali di opinione ed ai loro esperti che dettano la politica economica ritenuta appunto "giusta" da più di un ventennio.
È un piccola analisi che riguarda la Lituania che sarà il prossimo paese a entrare nell'euro e ha conosciuto negli ultimi anni una crescita molto sostenuta applicando proprio quelle politiche molto popolari anche da noi. Ripeto qui non si parla di Grecia, Portogallo, Cipro, Irlanda o Italia, questa è un tentativo di critica ad un caso che si può considerare di "successo"
Vediamo i dati (trovati qui), prima di tutto il PIL:

questo grafico è noto e fa parte della discussione internazionale sulle performance economiche dei paesi baltici come metro delle politiche di austerità implementate un po' dovunque in  Europa. La linea nera mostra la crisi tra il 2008 e il 2010 e la ripresa dal 2011 in poi.
I fautori dell' austerità sostengono che questa è la prova che questo metodo funziona infatti la ripresa inizia dopo l'introduzione di misure anticrisi "montiane" anzi più che montiane direi misure di taglio della spesa pubblica sul tipo di quelle che sostengono per es. Alesina e Giavazzi  sul Corriere,  Ricolfi (proprio oggi) sulla Stampa o il gruppo di Fare per Fermare il Declino; è la famosa "austerità espansiva" appunto (in realtà il termine non è stato mai usato dagli autori che ho citato, ma lo uso io)
Ora i critici dell' austerità sostengono che i livelli pre crisi dopo due anni di ripresa ancora  non sono stati raggiunti e tra l' altro non sembra che lo saranno e questo per loro è un segnale che qualcosa non funziona.
Il punto però non è questo o meglio non è solo questo.
consideriamo il grafico sotto: andamento dei salari



come si vede se prima del 2008 i salari aumentavano del 10-20% annuo ora sono praticamente fermi (almeno sulla scala del grafico). Chiaramente in tutto questo ha un ruolo importante anche l'inflazione che è diminuita drasticamente dal 2008 al 2010 come  si può intuire dall' andamento dei consumi interni nel primo grafico, ma tenendo conto anche di questo credo si possa dire che dal punto di vista di chi ha un lavoro, "ripresa"  semplicemente significa che i salari non diminuiscono più e se prima della crisi si guadagnava 100 nel mezzo della crisi il salario è sceso a 70 ed ora è più o meno 80: 
abbastanza deprimente direi, in sostanza la ricchezza prodotta in più dal 2011 in poi non finisce nelle tasche (e nei consumi) di chi l' ha prodotta ma nelle tasche e nei consumi di altri.
Consideriamo ora la disoccupazione:



qui le cose sono ancora peggio del grafico sui salari; la disoccupazione è diminuita con la crescita ma rimane ancora più del doppio di quella del 2008 (!) e addirittura rimane costante anche quando la forza lavoro (linea nera) diminuisce tra il 2011 e 2012 (emigrazione?)
Risultato: si è ritornati a produrre ricchezza ma chi è in grado di farlo deve pagare questo privilegio con più lavoro e meno salario

Domanda: è una politica di successo?

La mia risposta è chiaramente no, anche non tenendo conto dei costi sociali altissimi di una politica del genere tra l' altro facilmente intuibili e su cui magari varrà la pena di fare un altro post.
Quello che invece si pensa in Europa della Lituania è invece di tutt'altro tenore, non a caso è stata  accettata entusiasticamente nel gruppo dell' euro, ma per questo mi serve un altro post

A presto


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